martedì 17 dicembre 2019

Gesù e il Secondo Avvento due tipi di profezie [1]


Due tipi di profezie
Prima parte
Vi parlerò di alcune rivelazioni di Dio che sono di importanza fondamentale per la comprensione di tutti i cristiani, e farò spesso riferimento anche al popolo scelto di Israele. In questa sala, sono sicuro, ci sono tanti cristiani e tanti ebrei e poiché io amo profondamente tutti i fratelli cristiani e nutro una grande stima per gli ebrei, vi prego di capire, prima che inizi, che quello che dirò non riflette in alcun modo i miei sentimenti personali: porto semplicemente testimonianza alla verità.
Talvolta testimoniare la verità è un compito doloroso, tuttavia è una missione, un dovere che debbo assolvere. Può darsi che stasera il contenuto del mio messaggio sia in contrasto con quella che, finora, è stata la vostra comprensione; forse alcune cose saranno molto nuove per voi. A volte sembra quasi che a Dio, nella Sua provvidenza, piaccia vedere le persone scontrarsi. Gesù fu un Suo messaggero che rimproverò aspramente le persone chiamandole empie e simili a serpenti e certamente suscitò l’ira di molta gente. Se egli avesse detto agli uomini del suo tempo che erano dei meravigliosi figli di Dio, pensate che sarebbe stato ucciso? Senza eccezione, anche gli altri santi, ad esempio Confucio e Maometto, dichiararono qualcosa che il mondo non avrebbe voluto sentire; per questo vorrei chiedervi di pensare molto seriamente a ciò che state per ascoltare.
Che cosa sarebbe successo se la nazione d’Israele avesse accolto a braccia aperte Gesù Cristo? Se gli israeliti si fossero uniti a lui? Innanzitutto Gesù non sarebbe stato ucciso e il popolo l’avrebbe onorato come il Signore vivente; poi, insieme a lui sarebbero andati a Roma e Roma avrebbe potuto ricevere il Figlio di Dio mentre era in vita. Ma la triste realtà della storia è che ci sono voluti quattro secoli perché i discepoli di Gesù potessero sottomettere Roma. Gesù non conquistò mai a sé il popolo scelto d’Israele e non ottenne mai da loro l’appoggio di cui aveva bisogno. Egli era venuto per stabilire il Regno dei Cieli sulla terra e invece dovette avvertire i suoi discepoli di mantenere segreta la sua identità perché, dal momento che il popolo non riconosceva la legittimità del suo ruolo messianico, Gesù non aveva l’autorità per essere il Re dei Re.
Oggi abbiamo molto da imparare: non dobbiamo credere a tutto ciecamente, dobbiamo conoscere la verità che si nasconde nella Bibbia. Gesù non fu crocifisso per sua volontà, ma per volontà di altri; fu ucciso perché gli uomini non ebbero fede in lui come Messia.
Sto facendo una dichiarazione molto audace: Gesù non venne per morire, fu assassinato. I capi di quella che era la religione più preparata lo consegnarono perché venisse crocifisso. Pilato, il governatore romano, avrebbe voluto liberarlo ma fu costretto a rilasciare al suo posto Barabba. Quale grande peccato, quale grande tragedia è stata questa!
Forse questa per voi è una notizia scioccante e sorprendente, ma se ciò che provate è solamente stupore, allora non avete capito veramente il mio scopo. Le persone che vivevano al tempo di Gesù commisero un terribile errore, ma pensate che fossero molto più ignoranti e meno coscienti di quanto lo siamo noi oggi? Assolutamente no. Studiavano l’Antico Testamento parola per parola, impara vano a memoria la legge mosaica, così, in base alla loro comprensione dei testi sacri, Gesù non sembrava avere la qualifica per essere il Messia.
In quel momento la nazione d’Israele si trovava in una posizione molto difficile. Se voleva adempiere le Scritture e le profezie, doveva abbandonare il proprio modo d’intendere la legge mosaica. Duemila anni di tradizione erano stati basati sull'Antico Testa mento perciò era davvero difficile per le persone rivedere completamente, da un giorno all'altro, la propria interpretazione della Legge accettando totalmente Gesù come Figlio di Dio. Quei capi religiosi che avevano gli oc chi inchiodati ad una interpretazione letterale delle Scritture, mancarono semplicemente di coglierne lo spirito.
Esaminiamo ora la profezia di Malachia nell'Antico Testamento: “...Ecco io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno grande e terribile del Signore, perché converta il cuore dei padri verso i figli e il cuore dei figli verso i padri (Ml 3:4-6). Gli israeliti conoscevano chiaramente la promessa di Dio, la sapevano a memoria, per ciò prima del Messia aspettavano la venuta di Elia. Ecco perché, quando il Messia finalmente arrivò, fu naturale per loro chiedersi: Dov'è Elia?”
Elia era un profeta che, circa 900 anni prima della venuta di Cristo, aveva operato prodigiosi miracoli e si diceva che fosse salito al cielo su un carro di fuoco. Ora, dal momento che Elia era asceso al cielo, era dal cielo che si aspettava il suo ritorno. Ma prima che Gesù venisse, si verificò un tale mira colo? Il popolo d’Israele ebbe notizia dell’arrivo di Elia? No. Quello che in vece la gente cominciò a sentire era Gesù Cristo che dichiarava di essere l’unigenito “Figlio di Dio”. E Gesù non parlava affatto timidamente, ma con forza e con autorità. Un uomo così non si poteva certo ignorare.
Questa situazione pose le persone di fronte a un grande dilemma. Subito si chiesero: “Se questo Gesù è il Messia, allora dov'è Elia?”. Poiché stava no aspettando ansiosamente la venuta del Messia nel loro tempo, attende vano anche l’arrivo di Elia: credevano che Elia sarebbe disceso direttamente dal cielo, giù dalle nuvole e che il Messia sarebbe venuto subito dopo, in modo simile.
Pertanto quando Gesù proclamò di essere il Figlio di Dio, coloro che l’udirono rimasero molto perplessi. Se non era venuto Elia, non ci poteva essere alcun Messia, e nessuno aveva detto che Elia era già venuto. Anche i discepoli di Gesù si trovarono in confusione. Quando uscivano a predicare il Vangelo la gente si ostinava a negare che il loro maestro potesse essere l’atteso Messia perché essi non erano in grado di provare che Elia era già venuto. Dovunque andassero, si trovavano di fronte a questo problema.
I discepoli di Gesù non avevano una profonda conoscenza dell’Antico Testamento così, quando andavano a predicare, molta gente dotta li rimproverava dicendo: “Ma non conoscete l’Antico Testamento? Non conoscete la Legge di Mosè?” Attaccati sui versetti della Legge e dei profeti, essi rimanevano in imbarazzo. Così un giorno, tornati da Gesù, gli fecero questa domanda: “... Perché dunque gli Scribi dicono che prima deve veni re Elia?”. Ed egli rispose: “Sì, verrà e ristabilirà ogni cosa. Ma io vi dico: Elia è già venuto e non l’hanno riconosciuto, anzi l’hanno trattato come hanno voluto. Così anche il Figlio dell’Uomo dovrà soffrire per opera loro”. Allora i discepoli compresero che egli parlava di Giovanni Battista (Mt. 17:10-13).
Secondo Gesù, dunque, l’Elia era Giovanni Battista. Questa è la verità e noi l’abbiamo de terminata in base alle parole di Cri sto, ma i suoi discepoli non riuscivano a convincere gli anziani e i sommi sacerdoti di questo fatto, perché l’unica autorità a sostegno di quell’idea era no le parole di Gesù Nazareno. Ecco perché la testimonianza di Giovanni Battista era di importanza fondamentale. Purtroppo, Giovanni negò di essere l’Elia quando gli fu chiesto, e la sua negazione fece apparire Gesù un bugiardo.
Nella Bibbia leggiamo: “Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti ad interrogarlo: “Chi sei tu?”. Egli confessò e non negò e confessò: “Io non sono il Cristo”. Allora gli chiesero: “Che cosa dunque? Sei Elia?”. Rispose: “Non lo sono”. “Sei tu il profeta?”. Rispose: “No” (Gv. 1:19-21)”.
Giovanni stesso disse: “Non sono Elia”, ma Gesù aveva detto: “È lui Elia”.
Praticamente il Battista non permise al popolo di sapere che Elia era già venuto. Gesù comunque proclamò la verità dicendo: “... e se lo volete accettare, egli (Giovanni Battista) è quell'Elia che deve venire” (Mt. 11:14), pur sapendo che la maggior parte del popolo non avrebbe potuto accettarla. La gente, infatti, metteva in dubbio la sua motivazione. Perché Gesù potesse sembrare il Messia, doveva prima venire Elia; per questo il popolo pensò che Gesù mentisse allo scopo di innalzare se stesso. Il Figlio di Dio divenne sempre più incompreso dalla sua gente.
Era una situazione molto grave. A quei tempi, l’influenza di Giovanni Battista si faceva sentire in ogni angolo d’Israele, mentre Gesù era una figura oscura e ambigua nella società del suo tempo. Chi era nella posizione di accettare le sue parole come verità? Il fallimento di Giovanni Battista fu la causa principale della crocifissione di Gesù.
Giovanni aveva già visto lo Spirito di Dio discendere sul capo di Cristo al fiume Giordano e in quell'occasione gli aveva reso testimonianza dicendo: “Ho visto lo Spirito scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di lui. Io non lo conoscevo, ma chi mi ha inviato a battezzare con acqua mi aveva detto: ‘L’uomo su quale vedrai scendere e rimanere lo spirito è colui che battezza in Spirito Santo. E io ho visto e ho reso testimonianza che questi è il Figlio di Dio” (Gv. 1, :32-34).
Sì, è vero, Giovanni Battista aveva reso testimonianza, e aveva volto il lavoro che Dio si aspettava da lui in quel tempo. In seguito, però, gli erano sorti dei dubbi e alla fine si era lasciato influenzare dalle malelingue che circolavano sul conto di Gesù. Una di queste voci diceva che Gesù era senza padre, era un figlio illegittimo. Certo il Battista doveva aver sentito queste dicerie e si domandava come poteva, una persona del genere, essere il Figlio di Dio. Anche se gli aveva reso testimonianza, Giovanni più tardi cominciò ad avere dei so spetti su Gesù e si allontanò da lui. Se il Battista fosse stato veramente unito a Gesù, avrebbe potuto guidare la sua gente ad accettarlo come Messia perché il potere e l’influenza di cui go deva Giovanni erano molto grandi a quel tempo. Sto dicendo tante cose fuori del consueto e forse vi chiederete con che autorità. È con l’autorità della Bibbia, con l’autorità della rivelazione. Leggiamo assieme le Scritture e ve diamo, parola per parola, quale fu il comportamento di Giovanni Battista: “Giovanni intanto, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, mandò a dirgli per mezzo dei suoi discepoli: ((Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?» (Mt. 11:2-3).
Questo successe molto tempo dopo che egli aveva reso testimonianza a Gesù come Figlio di Dio. Come poteva dunque chiedergli: “Sei tu colui che deve venire come figlio di Dio?” dopo che lo Spirito aveva testimoniato di lui? Gesù era veramente addolorato, provava un sentimento di rabbia e si rifiutò di rispondere direttamente a Giovanni Battista con un sì o con un no. Gli disse invece: “Beato colui che non si scandalizza di me”. Lasciatemi spiegare cosa voleva dire Gesù con queste parole: “Giovanni, mi dispiace che tu ti scandalizzi di me. Una volta tu mi hai riconosciuto, ma adesso dubiti di me. Mi dispiace che la tua fede si sia dimostrata così debole”.
Dopo questo episodio Gesù parlò alle folle di Giovanni Battista, volgendo loro una domanda retorica: “Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Che cosa dunque siete andati a vedere? Un uomo avvolto in morbide vesti? Coloro che portano morbide vesti stanno nei palazzi dei re! E allora che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, vi dico, anche più di un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, io mando davanti a te il mio messaggero che preparerà la tua via davanti a te”. (Mt 11:7-10).
In quel momento Gesù dichiarava che Giovanni era l'Elia, l’uomo chiamato da Dio per condurre le persone al Messia. Da questo punto di vista gli rendeva lode, concludendo con le seguenti parole: “In verità vi dico: tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni Battista; tuttavia il più piccolo nel Regno dei Cieli è più grande di lui” (Mt 11:11).
L’interpretazione cristiana tradizionale non ha mai spiegato completamente il significato di questo passo.
In tutte le ere la missione dei profeti era stata quella di preparare la strada al Messia e portargli testimonianza. I profeti avevano sempre testimoniato a distanza di tempo, per questo il Battista era il più grande fra tutti loro, perché era l’unico contemporaneo al Messia, quello che poteva rendere testimonianza di persona al Cristo vivente. Giovanni, tuttavia, falli nel riconoscerlo. Perfino il minore dei pro feti che a quel tempo era in cielo, sapeva che Gesù era il Figlio di Dio. Ecco perché il Battista, a cui era stata affidata la missione più grande e aveva fallito, divenne più piccolo del più piccolo.
Gesù gli stava dicendo: Giovanni, tu sei andato nel deserto per svolgere il ruolo del più grande profeta, sei andato a cercare il Messia, il Figlio di Dio. Hai visto tutto, ma non hai capito il punto fondamentale della tua missione. In realtà tu hai fallito nel riconoscermi e non sei stato capace di vi vere secondo quella che era l’aspettativa di Dio. Dio si aspetta che tu «prepari al Signore un popolo ben di sposto», ma tu hai fallito”.
Gesù disse: “Da Giovanni Battista fino ad ora, il Regno dei Cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono” (Mt. 11:12). Giovanni era lo strumento scelto da Dio, destinato ad essere il discepolo principale di Gesù, non per violenza ma secondo la provvidenza. Invece, egli fallì nella sua responsabilità e Simon Pietro, con la forza e il potere della fede, si conquistò quella posizione centrale. Altre persone la cui fede era più forte e più impetuosa di quella del Battista, lottarono incessantemente al fianco di Gesù per realizzare il Regno di Dio sulla terra. Gli uomini devoti che seguivano fedelmente Giovanni non diventarono i 12 apostoli e i 70 discepoli di Cristo, come avrebbe dovuto succedere. Se Giovanni Battista fosse di venuto il discepolo principale di Gesù, loro due insieme avrebbero unito tutta Israele. Ma la verità è che Giovanni non seguì il Figlio di Dio.
Un giorno i suoi seguaci andarono da lui e gli dissero: “Rabbi, colui che era con te dall'altra parte del Giordano e al quale hai reso testimonianza, ecco sta battezzando e tutti accorrono a lui” (Gv 3:26). Queste parole tradiva no la loro preoccupazione: “Guarda, tutta la gente sta andando da Gesù. E tu?”. Allora Giovanni Battista rispose: “Egli deve crescere e io invece diminuire” (Gv 3:30). Solitamente i cristiani interpretano questa frase come una prova dell’umiltà di Giovanni Battista, ma è un’interpretazione inesatta del significato di queste parole. Se Gesù e Giovanni Battista fossero stati uniti, il loro destino sarebbe stato quello di innalzarsi o cadere insieme. Per questo la fama di Gesù non poteva crescere, mentre il prestigio di Giovanni diminuiva. Che il suo ruolo diminuisse d’importanza, ecco cosa temeva Giovanni! Una volta, riferendosi al Messia egli aveva detto: “Non sono neanche degno di portar gli i sandali” (Mt. 3:11). Eppure fallì nel seguire Gesù, perfino dopo aver saputo che era il Figlio di Dio. Il Battista non aveva scuse: avrebbe dovuto seguire Gesù.
Dio lo aveva mandato come precursore del Messia, con una missione chiaramente definita: “preparare al Signore un popolo ben disposto” (Lc. 1:17) ma, a causa del suo fallimento, Gesù non aveva nessun fondamento su cui iniziare il suo ministero, perché il popolo non era stato preparato a riceverlo. Pertanto egli dovette lascia re il suo ambiente e lavorare da solo, cercando di creare una base sulla quale il popolo avrebbe potuto avere fede in lui. Non vi può essere alcun dubbio che Giovanni Battista fu un uomo di fallimento e fu direttamente responsabile della crocifissione di Gesù.
Ancora una volta, forse, vi verrà da chiedermi: “Ma con quale autorità dici queste cose?”. Io ho parlato con Gesù nel mondo spirituale ed ho par lato anche con Giovanni Battista. Questa è la mia autorità. Se ora non potete decidere se le mie parole sono la verità, Senz'Altro lo scoprirete con l’andar del tempo. Queste sono verità nascoste che vi vengono presentate come nuove rivelazioni. Mi avete sentito parlare sulla base della Bibbia e se credete alla Bibbia dovete credere a ciò che sto dicendo.
Pertanto dobbiamo giungere a questa conclusione: la crocifissione di Gesù fu il risultato di una mancanza di fede da parte dell’uomo, e la mancanza di fede più grande e più deleteria va ricercata in Giovanni Battista. Questo significa che Gesù non venne per morire sulla croce. Se così fosse, allora egli non avrebbe rivolto a Dio quella tragica, angosciata preghiera nel Giardino del Getsemani. Gesù disse ai suoi discepoli: “La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me”.
E avanzatosi un poco, si prostrò con la faccia a terra e piangeva dicendo: “Padre mio se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!”   (Mt26:38-39).
Gesù pregò in questo modo non una, ma tre volte. Se la morte sulla croce fosse stata la realizzazione della volontà divina, senza dubbio egli avrebbe invece pregato dicendo: Padre, sono onorato di morire sulla croce per la Tua volontà”.
E invece egli pregò chiedendo che quel calice gli fosse risparmiato. Se questa sua preghiera fosse nata dalla paura della morte, una simile debolezza gli avrebbe fatto perdere la qualifica di Figlio di Dio. Sappiamo della morte affrontata coraggiosamente datanti martiri nella storia cristiana ed anche in altre occasioni, persone che non solo superarono la paura di mori re, ma fecero del loro sacrificio finale una grande vittoria. Fra tutti questi martiri come poteva Gesù essere l’unico a mostrare la sua debolezza e paura, specialmente se la crocifissione rappresentava il momento glorioso in cui realizzava la volontà di Dio? Gesù non pregò in questo modo per debolezza: credere una cosa simile è un oltraggio alla figura di Cristo.
La sua preghiera nel Giardino del Getsemani non nasceva dalla paura della morte o della sofferenza. Gesù sarebbe stato disposto a morire anche mille volte se con questo avesse potuto realizzare la volontà di Dio. Nel Giardino del Getsemani egli era straziato dal dolore insieme a Dio, e rivolse al Padre una supplica finale, perché sapeva che la sua morte avrebbe soltanto causato un prolungamento della provvidenza divina.
Cristo avrebbe voluto vivere per poter realizzare la sua missione origina ria; credere che egli pregasse di poter allungare un pò di più la sua vita sulla terra, a causa della sua debolezza umana, è un tragico errore di comprensione. Il giovane Nathan Hale, nella lotta d’indipendenza americana fu capace di dire, nel momento dell’esecuzione: “Mi dispiace di avere sol tanto una vita da donare per la mia patria”. Pensate che Gesù fosse un’anima meno grande di Nathan Hale? No! Nathan Hale è un grande patriota, ma Cristo è il Figlio di Dio.
Pensateci su. Se Gesù fosse venuto per morire sulla croce, allora non avrebbe avuto bisogno che qualcuno lo tradisse. Sapete bene che Giuda Iscariota fu il discepolo che lo tradì. Se Gesù, con la sua morte sulla croce, avesse realizzato la volontà di Dio, allora quel discepolo avrebbe dovuto essere glorificato come colui che ha reso possibile la crocifissione, in quanto avrebbe aiutato la dispensazione di Dio. Ma Gesù disse di lui: ‘Il Figlio dell’Uomo se ne va, come è scritto di lui, ma guai a colui dal quale il Figlio dell’Uomo viene tradito; sarebbe meglio per quell'uomo che non fosse mai nato!” (Mt. 26:24). E Giuda, sappiamo, si uccise.
Inoltre, se Dio avesse voluto la croci fissione di Suo figlio, non avrebbe avuto bisogno di 4000 anni per preparare il popolo scelto; avrebbe fatto meglio a mandare Gesù in una tribù di selvaggi in modo che la Sua volontà si sarebbe realizzata più in fretta.
Sento di dovervelo dire ancora: la volontà di Dio era che Gesù venisse accettato dal suo popolo. Ecco perché Dio ha lavorato intensamente nell'angoscia e nella speranza per preparare un suolo fertile che potesse ricevere il seme celeste del Messia. Ecco il motivo per cui stabilì il Suo popolo scelto d’Israele, mandando un profeta dopo l’altro per risvegliarne la fede, affinché fosse pronto ad accogliere il Signore.
Dio avvisò e castigò il Suo popolo, lo persuase, lo sgridò, lo spinse e lo punì perché voleva che accettasse Suo figlio. Un giorno qualcuno chiese a Gesù: “Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?” ed egli rispose: ‘Questa è l’opera di Dio: credere in colui che Egli ha mandato” (Gv 6:28-29). Ma Israele fece esatta mente ciò che Dio aveva cercato in ogni modo di non fare accadere: re spinse colui che Egli aveva mandato. In tutti i suoi tre anni di ministero pubblico, Gesù aveva un solo scopo: farsi accettare, perché non avrebbe potuto realizzare la sua missione in altro modo. Sin dal primo giorno egli predicò il vangelo con molta chiarezza, così che il popolo potesse ascolta re la verità ed accoglierlo come Figlio di Dio. La parola divina avrebbe dovuto portare la gente ad accettarlo, ma quando Gesù vide che il popolo probabilmente non lo avrebbe accolto solo in virtù dei suoi insegnamenti, cominciò a compiere opere straordinarie, sperando di poter essere riconosciuto attraverso i suoi miracoli.
 “Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro. Questi so no stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e per ché, credendo, abbiate la vita nel suo nome” (Gv20:30-31).
Ridiede la vista ai ciechi, mondò i lebbrosi, guarì gli zoppi, benedì i sordi col dono dell’udito, resuscitò i morti. Gesù fece tutte queste cose solo per ché voleva essere accolto, eppure il popolo diceva di lui: “Costui scaccia i demoni in nome di Beelzebul, principe dei demoni” (Mt. 12:24). Che situazione straziante! Presto egli vide l’impossibilità di farsi accettare e nella rabbia e nella disperazione rimproverò la gente dicendo: “Razza di vipere!” (Mt. 12:34). Gesù non nascose la sua collera, ma esplose nell’indignazione: “Guai a te, Corazin. Guai a te Betsaida. Perché se a Tiro e a Sidone fossero stati compiuti i miracoli che sono stati fatti in mezzo a voi, già da tempo avrebbero fatto penitenza, ravvolte nel cilicio e nella cenere” (Mt. 11:21). E mentre si avvicinava alla città di Gerusalemme pianse: “Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono invia ti, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una gallina raccoglie i pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto” (Mt23:37).
Chi ha mai capito il cuore straziato di Gesù? Egli disse: “Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace! Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi” (Lc. 19:42). In quel momento Gesù sapeva che ormai non c’era alcuna speranza di evitare la morte, e tuttavia rivolse a Dio una supplica nel Giardino del Getsemani e lo invocò sulla croce dicendo: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mt 27:46). Così Gesù morì crocifisso non per realizzare la sua speranza finale, non perché questo era il piano originale di Dio, ma per volontà del popolo peccatore. Da quel momento in poi Cristo era destinato a ritornare. Ed egli ritornerà e porterà a compimento la sua missione sulla terra; perciò l’umanità deve attendere la sua seconda venuta per la completa salvezza del mondo.
A questo punto forse molti si domanderanno: 
“Ma allora che valore hanno le profezie dell’Antico Testamento che parlano della morte di Gesù sulla croce?”.
Conosco molto bene queste profezie, ad esempio quella di Isaia 53, ma dobbiamo sapere che nella Bibbia si trovano due linee profetiche, una che profetizza il rifiuto e la morte di Gesù, e un’altra, come i capitoli 9, 11 e 60 di Isaia, che ne annunciano il ministero glorioso se il popolo lo avesse accettato come Figlio di Dio e Re dei Re. Eccone un esempio: “Poi ché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il segno della sovranità ed è chiamato consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace; grande sarà il suo dominio e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul regno che egli viene a consolidare e a rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e sempre… (Is. 9:5-6).
Questa è la profezia del Signore di gloria, di Gesù come Re dei Re e principe della pace. Dall’altro lato invece leggiamo: “Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio, umiliato. Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per la nostra iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti” (Is. 53:4-5).
Questa è la profezia del Cristo sofferente, vale a dire la profezia della crocifissione.
Allora perché nella Bibbia Dio ci ha dato delle profezie contraddittorie?
Perché, nella Sua provvidenza, egli deve trattare con noi, che siamo uomini caduti, e gli uomini caduti so no malvagi e infidi ed hanno la capacità di tradire.
In un certo senso sia Dio che Satana hanno paura di noi, per la nostra possibilità di tradire. Dio è il bene assoluto e non cambia mai la Sua posizione; Satana è il male assoluto, ma neanche lui muta mai la sua attitudine. Sotto questo aspetto essi si somigliano; noi invece siamo una mescolanza di bene e di male, ci troviamo in una posizione di mezzo fra Dio e Satana e abbiamo la possibilità di cambiare. Per questo siamo imprevedibili: un giorno una persona può professare una fede assoluta in Dio e il desiderio dì servirlo, e il giorno dopo quella stessa persona può maledire Dio, unirsi a Satana e diventarne schiavo. Dal momento che Dio non sapeva quale sarebbe stata la risposta del Suo popolo alla provvidenza per il Messia, non aveva altra scelta che predire due risultati contradditori, dandoci delle profezie duplici, la cui realizzazione sarebbe dipesa dalle azioni dell’uomo. Perciò la fede del popolo costituiva il fattore determinante per l’adempimento dell’una o dell’altra profezia.
Per quanto riguarda Gesù, se il popolo gli avesse dimostrato fede e si fosse unito a lui, allora egli sarebbe stato accettato, e ne sarebbe conseguita la piena realizzazione delle profezie sul Signore di gloria.
D’altro canto se il popolo avesse mancato di fede, respingendo il Messia al la sua venuta, si sarebbe realizzato inevitabilmente il secondo tipo di profezie, quelle sul Cristo sofferente. La storia ci mostra che, non essendo- C abbastanza fede in Gesù, si adempì la profezia del Signore di sofferenza, invece che quella del Signore di gloria: la crocifissione e il cammino dolo roso di Gesù divennero perciò il corso della storia.

Fine della prima parte


Rev. Sun Myung Moon


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